Quando si tratta d’imparare le lingue, noi italiani in particolare siamo accomunati dallo stesso pregiudizio: non siamo capaci, non siamo portati, non ci interessa. Alcuni paesi, come nell’Europa del nord, parlano fluentemente inglese già da ragazzi, mentre altri, come Italia, Francia e Spagna sembrano avere difficoltà anche da adulti.
Siamo dunque “geneticamente” non portati per le lingue?
Non è così! Se si analizza questo aspetto più da vicino si coglie una differenza enorme: nei paesi che si contraddistinguono per una buona conoscenza delle lingue straniere i metodi di studio sono molto diversi da quelli in cui le lingue straniere si conoscono o si parlano meno bene.
Diversi metodi di apprendimento
Paesi come la Svezia, l’Olanda e la Danimarca utilizzano un metodo di studio basato sull’immersione totale nella lingua, danno quindi peso alla comunicazione orale e agli stimoli esterni in cui l’apprendimento autonomo gioca un ruolo molto forte.
Tutti i sensi sono stimolati: quello uditivo, quello visuale e quello cinetico/tattile (in cui sono coinvolti il movimento e il tatto). Si può imparare non solo leggendo, ma anche interagendo direttamente con l’insegnante madrelingua/bilingue e con drammatizzazioni in cui si usano immagini (metodo visivo) e gesti (cinetico).
In Italia invece, soprattutto in età scolare, si privilegia ancora il cosiddetto “approccio formalistico”. La lingua si intende prevalentemente come lingua scritta di cui è necessario conoscere la grammatica e le regole, ma il cui uso orale e di comunicazione è talvolta svilito.
Questo approccio lascia l’impressione, una volta che si tenti di parlare una lingua straniera, di non “essere capaci” o “non essere portati”, mentre è vero solo che non si è stati abituati a parlare e a comunicare nella lingua desiderata, sin dall’infanzia.
Va da sè che se qualcuno ci dirà che non siamo bravi in una cosa o non riusciremo a farla, noi inconsciamente faremo in modo che alla fine il risultato sia quello previsto. La mancanza di fiducia che viene riposta in noi ci porterà a comportarci di conseguenza, dando luogo al cosiddetto “effetto Pigmalione”: la suggestione è così forte da avere conseguenze reali anche sul comportamento. Nel caso specifico dell’apprendimento quindi, un’intera nazione verrà convinta di essere “geneticamente” incapace di imparare una nuova lingua, con le conseguenze descritte.
Inversione della tendenza grazie alle nuove tecniche
Questa tendenza sta cambiando per fortuna: le nuove tecnologie aiutano le singole persone ad avvicinarsi all’apprendimento delle lingue con approcci diversi, rispettosi anche degli impegni legati alla routine quotidiana. I tre metodi (uditivo, visuale e cinetico), così utili per l’apprendimento e l’espressione, si possono esercitare senza troppi sforzi. Al giorno d’oggi infatti internet ci permette di avere accesso a video e giornali da ogni parte del mondo (metodo visuale e uditivo), e le app di apprendimento on line ci fanno esercitare in tutti e tre: sentiamo la pronuncia corretta, la ripetiamo, vediamo immagini associate alle parole e anche l’aspetto cinetico (e tattile) non è trascurato grazie a esercizi in cui si muovono ad esempio parole sullo schermo o si digitano attivamente lettere per comporre le parole.
Superiamo dunque una volta per tutte questo pregiudizio: se abbiamo a disposizione gli strumenti corretti e seguiamo il metodo giusto non siamo né meno “bravi” né meno “portati” di altri, ci è reso evidente dall’analisi dei dati di apprendimento che abbiamo a disposizione. Non solo le performance delle persone dai vari Paesi si assomigliano, ma la media degli italiani è addirittura leggermente superiore alla media internazionale.
Noi siamo pronti a partire e tu ?